La storia di Filonide da Taranto e della sua celebre "pisciata d'orgoglio" comincia nel 282 a.C. quando la flotta romana, in aperto contrasto con il trattato stipulato con i tarantini, superò il confine di capo Lacinio (attuale Calabria) per aiutare l'alleata Thuri assediata dai Lucani.
I tarantini, resi furiosi dai patti non rispettati, fecero uscire la flotta che affondò molte navi romane facendo numerosi prigionieri. Non contenti si diressero verso la vicina Thuri sconfiggendo l'esercito romano e saccheggiando la città.
I romani decisero dunque di inviare a Taranto una ambasceria guidata dal senatore Lucio Postumio per trattare nuove condizioni di pace.
I romani avevano in realtà già deciso di muovere guerra alla potente Taranto e gli ambasciatori avevano il compito di studiare la conformazione della rada, del porto e delle mura della città per pianificare il successivo attacco
Ma quello che i romani non avevano previsto era la presenza nell'anfiteatro di Filonide, un ubriacone popolano chiamato "Kotylè" (ciotola) per via del suo sgraziato aspetto fisico.
Filonide, ben consapevole delle false promesse e delle reali intenzioni degli ambasciatori romani, prima derise gli ambasciatori per la loro parlata barbara (il latino era considerato tale nel più colto mondo greco) e poi urinò sulla toga del senatore romano Lucio Postumio gridando: "E' questa l'ambasciata che dovete portare a Roma"
L'ambasciatore Lucio Postumio, deriso ed umiliato innanzi alla città intera, rispose con una minaccia resa famosa da Tito Livio: "O tarantini, ridete pure. Per lavare quest'offesa spargerete una gran quantità di sangue e verserete molte lacrime"
La guerra fu dichiarata nel 281 a.C. e terminerà nel 272 a.C. con la caduta della città di Taranto dopo ben tre guerre pirriche.
Riletta con la la giusta attenzione la storia di Filonide è attuale quanto mai.
I romani avevano intenzione di sconfiggere Taranto da tempo in quanto la città greca era l'ultimo potente ostacolo alla completa conquista dell'Italia meridionale. Secondo alcuni autori infatti lo sconfinamento delle navi romane fu in realtà un pretesto per poter mandare l'ambasceria a studiare la conformazione della città
Filonide aveva capito le reali intenzioni dei romani e con uno scatto di orgoglio, senza avere paura o timore del più potente avversario, fece capire chiaramente agli ambasciatori che i patti andavano rispettati e che la città non si sarebbe fatta nè sottomettere nè ingannare dalle false promesse.
La storia di Filonide è dunque la storia di un uomo dalla schiena dritta e dalla vista lunga che non intendeva farsi prendere in giro dalle false promesse dei menzogneri potenti di turno.
Nel gesto di Filonide si riscontra lo stesso dna "spartano" di re Leonida che innanzi alla richiesta dell'imperatore Serse di consegnare le armi rispose: "venite a prenderle"
Due uomini diversi, due epoche storiche diverse, stesso significato: non piegare la testa nei confronti di nessuno
Entrambi furono poi sconfitti ma il loro gesto di dignità entrò nella storia.
Illustrazioni di A. Todaro da "Il sogno e la storia"