Sparta e Arte
Σπάρτη και Τέχνη
Sparta and Art
Sparta (Σπάρτη, Λακεδαίμων) - Situata ai piedi del Taigeto, presso la
riva dell'Eurota, l'antica S., capitale della Laconia e geloso baluardo
dei Dori, occupava una vasta area irregolarmente elissoidale, a N della
cittadina moderna che ne porta ancor il nome. Della celebre metropoli,
fondata intorno al XII-X sec. da un gruppo di Achei (che poi furono
detti Dori), nella zona di precedenti insediamenti micenei, e chiamata
indistintamente con i due nomi di S. e di Lacedemone (in età più antica
il primo con preferenza nel linguaggio poetico), si ignorava la
topografia e non erano visibili che miseri avanzi prima che la Scuola
Britannica vi iniziasse, nel 1906, l'esplorazione, tuttora in corso.
Solo molto tardi l'abitato fu cinto di mura; quelle di cui resta ora
qualche traccia, e che dovevano rinchiudere un'area di circa 9 km, sono
formate da uno zoccolo di pietra con sovrastruttura in mattoni cotti al
sole e, al disopra, per protezione contro la pioggia, delle tegole: nei
loro tratti più antichi, esse appartengono all'inizio del III sec. a. C.
(costruite probabilmente dopo l'attacco di Demetrio Poliorcete).
Presso le mura, nella zona S-E della città, ai piedi di uno stretto
sperone roccioso sull'Eurota, sono stati messi in luce i resti del
santuario di Artemide Orthìa o Limnàion. La sua complessa storia occupa
oltre dodici secoli ed è testimoniata da notevoli avanzi architettonici e
da preziose offerte votive. La fondazione è probabilmente contemporanea
all'arrivo dei Dori sulla riva settentrionale dell'Eurota e alla
fondazione dei quattro villaggi dorici e di S., e risale pertanto al 900
a. C.
I vari periodi sono stati così distinti: 1) strato più
antico di circa 30 mq con cenere, terra nera, frammenti di vasi
protogeometrici, frammenti di bronzo ormai informi, qualche osso, un
piccolo tratto di muro di destinazione incerta; nessuna traccia di
altare. 2) Impianto di un santuario di circa 1500 mq chiuso da un muro
di peribolo e pavimentato con ciottoli di fiume; con i resti di due
altari, di cui uno precedente l'altro, il secondo dei quali è
contemporaneo ad una parziale demolizione del muro del tèmenos;
l'assenza di edifici attesta un culto ancora svolgentesi all'aperto
(IX-VIII sec. a. C.). 3) Verso l'8oo circa rimozione del vecchio
peribolo, ampliamento del tèmenos, costruzione di un nuovo altare e di
un primo piccolo tempio con ortostati in pietra ed alzato in fango e
legno. L'orientamento del tempio secondo l'altare precedente dimostra
che quest'ultimo era ancora il principale edificio del santuario.
Nell'interno il tempio era diviso in due navate da una fila centrale di
colonne o pilastri lignei; nell'angolo S-O sono i resti di una base (per
la statua di culto?). Il tetto era coperto con tegole di fango, ma nel
VII sec. subì un rinnovamento cui appartengono probabilmente delle
tegole fittili rotonde con lunulae dipinte. Lo xòanon di Artemide
Orthìa, riprodotto da numerose figurine in terracotta e in osso,
rappresentava la dea vestita di peplo e col capo adorno di una corona di
foglie. L'ampliamento del santuario in questa terza fase della sua vita
corrisponde probabilmente all'allargamento territoriale di S. verso
Amyklai e all'istituzione del doppio regno, creato, forse, in
collegamento con il duplice possesso di S. e di Amyklai. I ritrovamenti
di ceramica sono ancora geometrici e subgeometrici (ceramica
protolaconica). 4) Verso il 6oo a. C. il vecchio tempio fu distrutto ed
al suo posto sorse un grande edificio probabilmente in antis; il
frontone era forse ornato con due leoni affrontati in pietra vivacemente
colorati, di cui sono stati rinvenuti dei frammenti. Il tèmenos fu
ampliato e circondato da un nuovo muro. 5) Nel II sec. a. C.,
probabilmente in occasione del rinnovamento della costituzione di
Licurgo, il tempio fu restaurato e doveva apparire quale fu
rappresentato in una stele dell'epoca (stele di Xenokles al museo). 6)
In età tardo-romana (III sec. d. C.) di fronte al tempio fu costruita
un'orchestra o arena circolare, ove si svolgevano le cerimonie sacre
alla dea. Molta luce sull'arte e sui costumi spartani ha gettato
l'enorme quantità di materiale proveniente dallo scavo del santuario:
acroterî a disco in terracotta dipinta (VII sec. a. C.), una serie
ininterrotta (dal IX al IV sec. a. C.) di figurine fittili votive, per
lo più a stampo, con immagini di Artemide Orthìa stante, o come pòtnia
theròn, maschere di vecchie donne, giovani, ritratti, satiri, caricature
(VII-III sec. a. C.) usate probabilmente nelle danze in onore di
Artemide; bronzi, avorî intagliati (placche in rilievo con animali
araldici, scene mitologiche, figurine di Orthìa, suppellettili) di
fattura locale ma con ascendenti nell'Oriente fenicio, donde giungeva il
materiale grezzo (la produzione cessa infatti intorno al 6oo a. C. con
la caduta di Tiro); figurine in piombo, dapprima molto sottili e poi più
plastiche e variate (VIII-IV sec. a. C.), ricchissimo materiale
ceramico di età geometrica, subgeometrica e laconica nelle sue varie
fasi.
L'acropoli di S. sorgeva a N-O del santuario di Artemide,
sul colle di Paleocastro, ove ancora oggi sussistono i resti di una
cinta tardo-romana (III-IV sec. d. C.) e bizantina (VIII sec.). Qui,
sullo sperone occidentale dell'altura, si estendeva l'altro celebre
santuario, dedicato ad Atena Chalkìoikos; la tradizione lo voleva
fondato da Tindaro e dai suoi figli e completato dall'artista locale
Gitiadas, che l'avrebbe adornato dell'immagine della dea e di splendide
porte bronzee (metà del VI sec. a. C.?). Dell'architettura non restano
che pochi avanzi murarî di epoca geometrica, arcaica (sacello o tesoro
del VII, portico del VI sec.), classica e cristiana, mentre numerosi
anche qui sono stati i ritrovamenti di oggetti di culto (due statuette
bronzee di Atena della fine del V sec., un gorgonèion, figurine in
terracotta, frammenti di vasi, ecc.).
Poco più in basso del
santuario sono i resti di un teatro, costruito in età ellenistica,
rifatto nel I sec. d. C., successivamente rimaneggiato e distrutto
infine dai Goti nel 396 d. C. Dalla pàrodos E, sul cui muro di
costruzione sono incise le liste dei magistrati spartani del 100-150 d.
C., una massiccia gradinata conduce al diàzoma, mentre ad O, al posto
simmetrico, c'era una skenothèke che, nel 300 d. C., fu sostituita da un
ninfeo.
L'agorà era ad E del teatro. Fra gli altri monumenti
spartani vanno menzionati il santuario di Elena e Menelao (Menelàion) su
un colle presso l'Eurota (Therapne), ove è attestato un culto fin
dall'inizio del I millennio e che attualmente si presenta con i resti di
un piccolo tempio del V sec. a. C., costruito su una terrazza
lastricata a cui si accede mediante una rampa. Ne provengono frammenti
di vasi, terrecotte con una donna a cavallo (Elena), guerrieri, figurine
in piombo, ecc. Il cosiddetto Leonidaion era nella zona S-O della città
antica, e tracce di un heròon e di un altare (supposto di Licurgo) sono
presso un ponte, forse augusteo, sull'Eurota. All'abitato romano presso
l'acropoli appartengono ancora un portico, decorato internamente di
esedre, delle terme e delle case, alcune delle quali con bellissimi
mosaici di età imperiale (II-III sec. d. C.).
L'arte spartana,
quale si è venuta delineando attraverso i copiosissimi ritrovamenti
dell'Artemision e gli altri nella città e anche al di fuori del suo
territorio, appare acquistare una sua individuale fisionomia solo nel
VII sec. a. C. In epoca geometrica e protoarcaica (pressocché
inesistenti sono i ritrovamenti micenei) non vi è nessuno stile
peculiare degli Spartani, cioè dei Dori, ma questi si uniformarono allo
stile dei propî predecessori, gli Achei; infatti i ritrovamenti della
dorica S. e quelli della achea Amyklai sembrano appartenere ad una
medesima facies stilistica. Il mutamento politico avvenuto nel VII sec.,
col quale S. subordinò ogni attività politica e privata al
consolidamento dello stato, alla educazione e alla disciplina militare
dei cittadini, determinò anche nelle arti figurative la formazione di un
nuovo stile, quello spartano, che in poesia veniva contemporaneamente
espresso dai canti di Tirteo. Lo testimoniano una serie di volti
femminili decoranti i manici di brocche in bronzo, secondo alcuni
(Langlotz, Homann-Wedeking) la testa di Hera da Olimpia, che i confronti
con la microplastica farebbero attribuire ad un artista spartano
(secondo il Poulsen si tratta invece di un'opera strettamente legata
all'arte spartana, ma non spartana), una serie di statuette nude di
fanciulle, statuette maschili, ecc.: tutte caratterizzate da una certa
durezza dei tratti, dai corpi e dai volti stretti e allungati,
dall'asimmetria del volto e dal particolare rilievo delle sopracciglia.
Databile all'inizio del VI sec. è una base di stele, da Magoula, in
forma di piramide con rilievi: Zeus e Hera (?) Menelao e Elena (?)
(museo di Sparta); seguono rilievi sepolcrali che proseguono fino in età
ellenistica, il più noto dei quali è il rilievo da Chrysapha ora a
Berlino, che rivela qualche influsso ionico (550-530 a. C.) (C. Blümel,
Griech. Skulpt., Berlino 1940, i, pp. 11-13, tavv. 22-24). I
ritrovamenti nel santuario di Artemide Orthìa hanno confermato
l'attribuzione alla Laconia di quella ceramica detta Cirenaica o
Laconica, che succede alla ceramica protogeometrica (VII sec.), ha il
suo massimo fiore nel VI sec. e inizia la propria decadenza con la
seconda metà del VI sec. a. C. (v. laconici, vasi).
All'arte
spartana, ma più che a quella della madrepatria a quella delle sue
floride colonie occidentali, è stato attribuito il grande cratere di Vix
(v.; museo di Chatillon-sur-Seine). Pausania ha tramandato il nome di
scultori famosi di origine spartana, che dovettero operare nel VI sec. e
crearono statue e sculture in Olimpia: Dorykleidas, Medon, Hegylos e il
figlio Theokles, Dontas (Paus., v, 17, 1-2; vi, 19, 8; vi, 19, 14) e
quel Gitiadas, architetto e maestro della fusione che lavorò nel tempio
di Atena Chalkìoikos e ad Amyklai (Paus., iii, 12, 2; 18, 7; iv, 14, 2).
Nella prima metà del V sec. l'arte spartana si accosta a quella
eginetica e anche a quella attica severa; appartengono a quest' epoca
una serie di bronzetti, di rilievi (stele del pèntathlos Ainetos
dall'Amyklaion) e il cosiddetto Leonida, (v.), una statua di guerriero
(480-70), trovata nella zona del santuario di Artemide Chalkìoikos.
Con il V sec. si estingue la tradizione di una scuola spartana;
lavorano a S. Mirone, Policleto, Klearchos, ecc., e la produzione
artistica indigena viene assorbita nella koinè peloponnesiaca.
La cultura a Sparta
Per quanto riguarda la poesia e la musica, nel VII secolo a.C., alla
stessa epoca in cui si formano lo stato e le sue istituzioni, Sparta è
un centro di grande fervore creativo, che riesce a fondere la propria
tradizione con quelle provenienti da altre aree geografiche, attirando
artisti di diversa origine. Le feste religiose tradizionali erano
solennizzate con l'organizzazione di agoni per gare solistiche di canto
accompagnate dalla cetra (citarodia) e con l'affidamento dell'istruzione
dei cori (la corodidascalia) a compositori di origine per lo più
straniera. Soprattutto al nomos citarodico solistico dette il suo
contributo Terpandro. Una delle invenzioni da lui introdotte riguardò la
sostituzione della cetra dorica a quattro corde con quella lidia e
lesbica a sette corde (eptacordo). A lui Pindaro inoltre attribuisce
l'invenzione di un altro strumento musicale: il barbitos. Taleta fu il
fondatore della seconda Scuola musicale e il primo che istituì le
Gimnopedie, per le quali avrebbe composto dei peani. Nella sfera del
canto apollineo e in una gamma musicale da lui stesso "escogitata"
(quella "italica"), si cimentò Senocrito di Locri Epizefiri. I massimi
esponenti della lirica a Sparta furono però Tirteo e Alcmane: il primo
cantore dei valori militareschi che avrebbero condotto la città alla
futura egemonia sulla Grecia; il secondo autore invece di gioiosa
liriche amorose che furono utilizzate nelle feste religiose. Tirteo e
Alcmane, come Terpandro, non erano originari di Sparta, che riusciva ad
attirare e utilizzare talenti artistici del massimo livello di varia
provenienza.
Mentre nel settore della lirica e della musica
l'apice viene raggiunto nel VII secolo, nel campo delle arti figurative i
migliori risultati sono raggiunti da Sparta nel secolo successivo, al
quale appartengono, tra gli altri, lo scultore Bathykles e l'architetto
Teodoro di Samo. Nello stesso VI secolo ceramiche e lavori in avorio e
in bronzo di fattura spartana sono stati trovati in tutto il
Mediterraneo e anche oltre.
La cultura incoraggiata a Sparta
era tuttavia solo quella utile allo stato: non rientravano in questa
categoria, nella mentalità dei Lacedemoni, prodotti culturali come la
filosofia, la storiografia o il teatro. Rispetto al resto del mondo
greco a Sparta si studiava e si scriveva decisamente di meno.
Dal V secolo a.C. in poi la creatività spartana si esaurì anche
nell'ambito poetico e musicale: queste forme d'arte continuarono ad
essere usate (ad esempio le formazioni oplitiche spartane, a differenza
degli altri eserciti dell'epoca, affrontavano i nemici con una lenta
marcia accompagnata da canti e dal suono dei flauti), ma per i bisogni
dello stato bastò continuare ad usare le vecchie composizioni.
L'ambiente culturale e sociale di Sparta
Il carattere conservatore della costituzione e l'impostazione militare
della società di Sparta non contrastarono la nascita della poesia
lirica, che anzi trovò svariate occasioni e molteplici luoghi dove
manifestarsi (feste, banchetti, varie circostanze della vita militare).
Diversamente da quanto avveniva nel mondo ionico, il poeta non era la
voce di una associazione di nobili o di una figura isolata, ma
l'individuo-cittadino che metteva a disposizione della città-stato la
propria arte. Per questo a Sparta e in tutto il mondo dorico prevalse di
gran lunga l'esecuzione corale su quella monodica, tipica invece della
Ionia (come dimostra il fatto che il dialetto usato dai lirici corali,
anche in età posteriori, restò quello dorico).
Le figure significative della lirica
All'inizio dell'VIII secolo si collocano due poeti di cui sappiamo
pochissimo: Terpandro di Lesbo, inventore della cetra a sette corde, e
Taleta di Cortina, fondatore delle Gimnopedie (feste religiose istituite
a Sparta nel 668 a.C.). Essi però diedero inizio alla produzione
poetica e musicale nell'area dorica esaltando il particolare stile di
vita morigerato e semplice dei Lacedemoni. Più noti suonano i nomi di
Tirteo e Alcmane, entrambi vissuti nella seconda parte del VII secolo
a.C., a cui si affianca la produzione epica locale del poeta Cintone
(sec. VII-VI a.C.).
Con il sec.VI a.C. la creazione letteraria e
la vita culturale si impoverirono a causa delle durissime battaglie,
combattute per lo più contro Atene, nello sforzo di conservare la
precaria stabilità politica ed economica, minata dall'emergente potenza
ateniese. La stretta sorveglianza dello stato sulla vita civile ostacolò
in modo irreparabile la nascita di nuove espressioni artistiche, quindi
anche in campo poetico si continuarono a recitare i versi dei due
grandi poeti spartani, Tirteo e Alcmane, senza avere produzioni più
recenti.
Η Σπαρτιατική Τέχνη
The common assumption that Sparta lacked artistic achievements is incorrect.
Pausanias, traveling through Sparta in the second century AD, recorded
hundreds of significant buildings – temples, monuments, tombs, and
public buildings – that were part and parcel of Spartan art and culture.
According to contemporary sources, Sparta was particularly renowned for its music and dance.
Spartan sculptors were active in pan-European sites such as Delphi and Olympia.
Spartan bronze works were coveted as gifts and imports.
Spartan poets were admired throughout the ancient world – and it was
one of these who wrote the first recorded heterosexual love poems known
today.
divider
Architectural Monuments
Spartan
vase Looking first at architecture, Sparta was distinguished by its
early democracy and prosperity, and by the fact that it was unconquered
and unplundered until relatively late in ancient times. In short, its
monuments were built early and there was no compulsion to replace them.
(We should not forget that the splendor of the Athenian Acropolis is
largely a function of the fact that the Persians destroyed all the older
temples on the site. As a result, Pericles was able to carry out a
comprehensive modernization of the entire Acropolis at the very pinnacle
of Athenian power, wealth, and artistic prominence.)
Sparta
did have buildings and temples, however, that were greatly admired in
their own time. The most significant of these were the Menelaion and the
Amyklaion. The Menelaion, which dates from roughly 700 BC, was erected
as a monument or temple to Menelaos and Helen. It is located near the
remains of a Mycenaean palace – allegedly the palace of Menelaos –
dating roughly from the 15th century BC. The Amyklaion was admired by
ancient historians as the most significant temple in all Lacedaemon. It
was built in Sparta's Golden Age – the 6th century BC. This temple
contained a massive bronze statue of Apollo surrounded by colonnades and
stoa. Particularly worthy of mention is also the Spartan Assembly
Hall, a monumental stoa built in the mid-6th century and greatly admired
by visitors to Sparta. The Persian Stoa, built after the victory over
the Persians in the 5th century, was later added as a counterpart on the
agora and was also significant. In short, the city of Sparta had a
rich, varied, and yet urban character – despite the disparaging remarks
made by Thucydides.
Sculpture and Crafts in Bronze, Ivory, and Terra Cotta
There is now significant archaeological as well as historical evidence
that Sparta enjoyed an artistic Golden Age from roughly 650 to 550 BC.
In this period, its artistic achievements were renowned throughout the
known world. At this time, Spartan sculptors were active not only at
home but also in cultural centers such as Olympia and Delphi; at least
nine sculptors are known by name. Spartan bronze products were of such
high quality that they were viewed as valuable diplomatic gifts and
found their way to the far corners of the earth. Laconian pottery was,
for a period of roughly 100 years, sufficiently valued to be a
significant export commodity. Beautiful examples of Laconian pottery
still exist, providing sufficient evidence of the very high quality of
both the pottery and the painting – even if classical Corinthian and
Athenian vases and painting demonstrate a yet higher quality a century
later. Laconian ivory work was another export product, reflecting the
high quality of the craftsmen.
Poetry, Music, and Dance
Without doubt, Sparta was most renowned in its own time for its
poetry, music, and dance. We know of four Spartan poets and lyricists
whose works were admired throughout the ancient world, although only
fragments of their work have survived the centuries. We know that
people traveled great distances to witness the choral and dance contests
of the Spartans at their various festivals, particularly the
Gymnopaedia and the Hyakinthia. It is also recorded that the Spartans
advanced into battle singing. Yet, as with all ancient Greek music and
dance, nothing remains for the modern observer to grasp. It is left to
our imagination.
amm. [Μ.Δ.]
Tratto dal sito Magna Grecia commonwealth
venerdì 15 aprile 2016
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