Nel museo spartano raccontiamo i miti, grazie all'arte fotografica di Rosa Colacoci con le sue modelle/i da oggi rappresenteremo i miti dal vivo realizzando le immagini nel museo.
Ad aprire le danze è il rito dionisiaco con lo scatto di Rosa Colacoci
Στο σπαρτιατικό μουσείο αφηγούμαστε τους μύθους, χάρη στην τέχνη της
φωτογραφίας της Ρόζας Κολακότσι με τα μοντέλα της / οι οποίοι από σήμερα
θα αναπαραστήσουν τους μύθους ζωντανεύοντας τις εικόνες στο μουσείο.
Για να ανοίξουμε το χορό υπάρχει η Διονυσιακή τελετουργία με τις λήψεις της Ρόζας Κολακότσι.
The spartan museum tells the myths, thanks to the photographic art of
Rosa Colacoci with her models / they now will represent the myths live
realizing the images in the museum.
To open the dance is the Dionysian rite with the clicks of Rosa Colacoci.
Dioniso, il dio della viricoltura, era figlio di Zeus e di Sèmele. Siccome era un dio molto chiassoso veniva chiamato anche Bacco, che in greco significa "clamore",
da cui deriva la parola italiana baccano. I romani infatti adottarono
Bacco per indicare appunto Dioniso. Sèmele, era la bellissima figlia di Cadmo,
re di Tebe; Hera, gelosa, decise di farla morire: prese le sembianze
della nutrice della giovane e insinuò nell'animo della fanciulla che
Zeus non l'amasse e di metterlo alla prova. Il dio le si mostrava sempre
sotto l'aspetto di un mortale, allora Sèmele chiese a Zeus di mostrarsi
come dio per dimostrargli il suo amore; invano Zeus cercò di
dissuaderla, spiegandole il pericolo a cui andava incontro. Sèmele
insistette e quando Zeus le si mostrò in tutto il suo splendore e coi
fulmini in mano la povera ragazza non poté resistere alla vampata di
calore che Zeus emanava, con Sèmele sarebbe morto anche il piccolo che
stava per nascere se non fosse stato per Zeus che gli fece schermo con
l'egida e lo cucì nella sua coscia fino al momento della nascita.
Compiuti i nove mesi, Zeus fece uscire il dio dalla coscia; lo affidò ad
Hermes perché lo portasse dalle ninfe affinché lo nutrissero e
allevassero. Il luogo dove fu portato Dioniso piccolo si chiamava Nisa,
un posto che nessuno sapeva dove essere, una montagna adatta per
nascondere un bambino dallo sguardo minaccioso di Hera; solo Hermes
sapeva dove fosse e quando col bambino in braccio, entrò nella caverna
delle ninfe, questa si illuminò di una luce abbagliante. Le ninfe a cui
Zeus affidò Dioniso erano sette e si chiamavano Iadi,
pare fossero sorellastre delle Pleiadi; erano buone e di animo gentile e
Zeus per ricompensarle le mutò in una nuova costellazione nel
firmamento. Divenuto grande, l'educazione di Dioniso fu seguita, oltre
che dalle ninfe, da Ino, sorella di sua madre Sèmele e dal vecchio Sileno.
Sileno era nato a Nisa ed era figlio di Hermes: era brutto e veniva
raffigurato come un vecchio gioviale, ma con tutto il suo aspetto
ridicolo era sapiente, pieno di buonsenso, bonario; da maestro poi
divenne grande amico di Dioniso e non lo lasciò più. Il dio si
appassionò presto alla caccia e amava spesso andare in giro per i boschi
e le campagne; un giorno fece la sua scoperta più bella, la vite, o
meglio un grappolo d'uva: lo prese, lo premette in una coppa d'oro e ne
fece uscire un liquore color porpora, era nato il vino. Assaggiato, la
prima impressione fu di un nuovo nettare che fa dimenticare la
stanchezza e le pene, che dà un leggero senso di ebrezza e di euforia;
lo fece assaggiare a tutti, le ninfe, Sileno, volle che lo bevessero i
Satiri, gli Egipani, le Driadi e le Amadriadi e tutte le divinità del
bosco. Da quel giorno presero vita numerose feste a base di vino, dove
si faceva baldoria e il giovane Dioniso cominciò a dire cose che non
avevano senso, insomma a delirare. Questo stato di ebrezza e delirio
divenne regola e fu parte del culto di Dioniso. In onore di Dioniso si
celebravano le solenni Feste Dionisiache due volte ogni anno:
una volta in autunno, al tempo della vendemmia, la seconda volta in
primavera. In queste feste, tra altri riti, si cantavano canzoni che
raccontavano le gesta e le avventure del dio il ditirambo. I
primi ditirambi erano rozzi e grossolani, poi vennero composti da veri
poeti, con più senso artistico; dalla forma del ditirambo ebbe origine
il dramma. Dioniso veniva raffigurato in due forme distinte: la più
antica lo rappresentava in un aspetto maestoso e grave, con una lunga
barba e con lunghi capelli, vestito con una tunica, sormontata da un
mantello; la seconda forma invece, lo rappresentava in età giovane, con
fattezze quasi femminili e con il volto pensoso, una corona di pampini e
di edera circondava i suoi ricci capelli e con una pelle di pantera o
di capriolo sui fianchi. Erano sacri a Dioniso tra i vegetali: la vite,
l'edera, la quercia, tra gli animali: il toro, il caprone, la pantera,
la tigre e la lince.
(Testo preso dal blog Mitologia greca )
lunedì 1 giugno 2015
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