giovedì 16 aprile 2015

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La grande storia di Taranto







Orazio, Epistulae, 2.1.200-207
Quale voce potrebbe infatti sovrastare gli urli dei nostri teatri? Sembrano muggire i boschi del Gargano o il mar Tirreno: tanto grande sorge lo strepitio del popolo davanti allo spettacolo, agli oggetti d’arte, ai ricchi finimenti stranieri di cui l’attore è carico. E se l’attore immobile appare sulla scena, tutti applaudono. Forse ha detto qualcosa? Niente. Ma dunque cosa applaudono? Quella veste di lana, colorata a Taranto, che imita
le viole

VESTIRSI ALLA GRECA
Grazie alle colonie greche dell’Italia meridionale, la cultura romana entrò in contatto con la dimensione della bellezza, dalla raffinatezza e del lusso. I teatri romani accolsero e proposero al pubblico rozzo, perché ancora non educato, spettacoli della tradizione greca con attori che indossando i panni dei personaggi vestivano alla greca. Per rendere realistica la scenografia spesso gli allestimenti prevedevano l’esposizione di vasi e sculture prodotte nelle colonie greche e poi trafugate durante le battaglie di conquista da parte dell’esercito romano, secondo un preciso piano espansionistico, come accadde anche per Taranto. Queste circostanze sono testimoniate dal poeta latino Orazio che in un passo delle Epistulae ci parla della reazione del pubblico di fronte a tali scene, un pubblico entusiasta più per la ricchezza e la ricercatezza della stoffa dell’abito indossato dell’attore e prodotto a Taranto che per le sue parole. Il successo delle stoffe tarantine avviò la moda di vestirsi alla greca che solo le famiglie aristocratiche potevano permettersi dati i costi elevati.
di Eleonora Massafra

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